Prima di addentrarci nello specifico delle tecniche utilizzate e sui risultati ottenuti dai restauratori è interessante capire il perché di un così urgente e attento studio diagnostico su di un opera di appena settant’anni.
Questo dipinto fu commissionato a Picasso dalla Repubblica spagnola che attaccata dalle truppe del generale Franco volle lanciare un grido d’allarme a tutte le potenze mondiali sulla sua drammatica situazione interna. Appena ultimato, quindi, il quadro fece il giro del mondo in modo che il suo messaggio potesse arrivare al maggior numero di persone. Proprio questa continua migrazione causò i problemi più gravi e immediati, tant’è che già vent’anni dopo lo stesso Picasso, viste le gravi condizioni in cui versava il quadro, decise di farlo restaurare e tenerlo stabilmente in esposizione al MOMA di New York.Dopo la caduta del regime franchista il quadro fu spostato al museo Reina Sofia di Madrid.
La sua conservazione è garantita da un equipe di restauratori e scienziati i quali proprio in questo periodo hanno avviato un’accurata indagine diagnostica non invasiva:
- Radiografia ai raggi X per valutare la presenza di fessurazioni e discernere i vari pigmenti a seconda del loro diverso assorbimento della radiazione X;
- Una scansione fotografica ad alta risoluzione, in modo da ottenere un immagine digitale fedele all’originale;
- Indagini colorimetriche in vari punti dell’opera per valutare i cambiamenti di colore nel tempo e prima e dopo i vari interventi conservativi;
- Riflettografia infrarossa per andare a indagare al di sotto della pellicola pittorica e scovare l’eventuale presenza di disegni preparatori o ripensamenti.
I risultati hanno mostrato che dall’ultima indagine di 10 anni fa la situazione sembra essersi stabilizzata, tanto che il responsabile della sua conservazione, Jorge Garcia, ha concluso (con un paragone medico tanto caro agli addetti in questo campo) che l’opera “è in una situazione stabile per quanto grave” e che “gode di una cattiva salute di ferro”.
Come si è visto, i troppi viaggi e le poche precauzioni utilizzate durante i vari spostamenti intrapresi da Guernica hanno causato gravi danni che tutt’ora non sono stati risolti. Il problema delle spedizioni di opere per mostre è una tematica ancora attuale e per nulla risolta (si veda in proposito la polemica nata con la decisione di mandare L’annunciazione di Leonardo in Giappone http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=163339&PRINT=S) per questo vorrei lanciare un dibattito tra voi lettori per sapere cosa pensate a questo proposito. Da parte mia credo che ogni caso debba essere affrontato singolarmente e che quindi non ci sia una risposta univoca al problema. Concedere opere per mostre aiuta e facilita la conoscenza di culture, usanze, storie… diverse dalle proprie; inoltre c’è anche il ritorno di immagine e di profitti che un’istituzione può trarre dal prestare le sue opere. Per questi motivi, secondo me, in linea di principio si dovrebbe sempre tendere ad acconsentire a richieste di opere per mostre. Tutte queste considerazioni, però, sottostanno a valutazioni di tipo conservativo: un’opera prima di lasciare il luogo in cui è conservata deve essere scrupolosamente studiata e devono essere garantite le giuste precauzioni per il trasporto e per la sua conservazione durante la mostra. Inoltre alcune opere che possono essere considerate un simbolo e un patrimonio per i musei in cui sono conservate, non dovrebbero mai lasciare il luogo in cui si trovano. I motivi sono due: per prima cosa durante l’assenza dell’opera i visitatori del museo ne sarebbero in qualche modo danneggiati (vi immaginate che farebbero i giapponesi se al loro arrivo al Louvre la Gioconda non fosse lì???) e in secondo luogo, per alcune opere non si dovrebbe correre nessun tipo di rischio anche se minimo.
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