domenica 4 novembre 2007

41° Anniversario dell'Alluvione di Firenze

Ricorre oggi il 41° Anniversario dell'Alluvione di Firenze. Per chi visse quei giorni, oggi è l'occasione per ricordare l'enorme tragedia che travolse una città, impreparata a fronteggiare un tale evento, ma che fu teatro di una grande prova di solidarietà da parte del mondo intero.

Ma può essere (e, soprattutto, nell'ambito di questo blog) anche l'occasione per rivivere, attraverso le testimonianze di restauratori (allora alle prime esperienze), i problemi che vennero affrontati nel recupero di opere di incredibile valore come il Crocifisso di Cimabue o l'Ultima Cena affrescata da Taddeo Gaddi, entrambi visibili ancora oggi all'interno del Cenacolo di S. Croce.



Fu nell'approcciarsi al restauro del Crocifisso, ormai praticamente illeggibile, che il team di restauratori guidato da Umberto Baldini si inventò un nuovo modo di trattare le lacune pittoriche: l'"astrazione cromatica". Ornella Casazza, allora giovane restauratrice, ed oggi direttrice del Museo degli Argenti di Palazzo Pitti, ricorda:

"Agimmo con un pennellino finissimo e collegammo le parti rimaste in migliori condizioni alle lacune maggiori. Erano tratti debolissimi e finissimi che non dovevano assolutamente urtare l' originale ma condurre l' occhio a cogliere nell' insieme ciò che Cimabue ci voleva trasmettere."

Per cercare di trarre in salvo l'affresco di Taddeo Gaddi, invece, il gruppo di restauratori diretto da Dino Dini decise che l'unica soluzione era quella più drastica: il dipinto andava strappato dalla parete del refettorio. Ma i problemi non erano che iniziati. Infatti, a causa dell'elevata umidità e, soprattutto, della presenza di abbondanti salificazioni, la colla utilizzata per lo strappo non riusciva ad asciugare. Fu proprio in problemi come questo che l'apporto scientifico del chimico Enzo Ferroni si rivelò decisivo. Guido Botticelli, anche lui all'epoca un giovane restauratore, ricorda:

"A questo problema venne in nostro aiuto il Prof. Enzo Ferroni della Facoltà di Chimica dell’Università degli Studi di Firenze e per la prima volta fu allora sperimentato il Tributilfosfato, una sostanza chimicamente inerte nei confronti dei leganti e dei pigmenti, poco solubile in acqua e ad alta penetrazione per capillarità che ci permise di allontanare, per un tempo sufficiente all’esecuzione delle operazioni di stacco, le soluzioni concentrate presenti nel muro consentendo così alla colla di asciugarsi in maniera omogenea."

Per chi fosse interessato ad approfondire la questione relativa all'utilizzo del Tributilfosfato, si consiglia di ricercare l'articolo:

"Ferroni, E., and Dini, D., “Esperienze sul Sequestro di Nitrati con Tributilfosfato per il Distacco e la Conservazione degli Affreschi” Atti della XLI Riunione della SIPS Società Italiana per il Progresso delle Scienze, Siena, 23-27 September 1967, vol. 2, SIPS Ed., Rome, 1968, pp. 919-932."

Queste collaborazioni, queste invenzioni e questi restauri sono, forse, le uniche cose positive che l'Arno ha lasciato a Firenze quando si è ritirato nuovamente all'interno dei suoi argini.

1 commento:

Anonimo ha detto...

se hai bisogno di una testimonianza di libri alluvionati fammi un fischio!! ;)