domenica 11 novembre 2007

"Ori, argenti e gemme": in mostra i restauri dell'Opificio

Diciamo la verità: ostensori e calici (ma anche altri "ori" in senso lato) non fanno certo parte dei più blasonati oggetti d'arte e, ad esser sinceri, non incontrano, il più delle volte, il mio gusto; ciò nonostante, spinta dal sottotitolo della mostra che recitava "Restauri dell'Opificio delle Pietre Dure" ho rotto gli indugi e mi sono concessa un'oretta tra i luccichii di calici, pissidi* e turiboli**. E devo dire che, come spesso capita quando si parte privi di grandi attese, sono rimasta piacevolmente e sorprendentemente soddisfatta da questa breve mostra, ben fatta e decisamente interessante. Clarice Innocenti, curatrice della mostra e responsabile dell'Opificio delle Pietre Dure, è riuscita, in uno spazio abbastanza limitato (cinque sale al piano terra di Palazzo Medici Riccardi) , a condensare anni di lavoro e di esperienza accumulata dallo stesso OPD sul restauro dei materiali "preziosi". La figura del resturatore di oreficerie è nata recentemente, andando ad affiancarsi a quella di gioiellieri, e talvolta FABBRI, che spesso si vedevano affidati immensi capolavori, senza avere, non tanto la capacità (in certi casi neanche quella!), ma soprattutto l'approccio giusto per metter mano ad opere così delicate e meccanicamente complicate come possono essere i calici e gli ostensori. Le operazioni di riparazione (termine che indica interventi su materiali di uso quotidiano, come sono gli oggetti sacri) hanno avuto, il più delle volte, effetti deturpanti e/o irreversibili, peggiori di quelli dovuti all'usura e al tempo.

Il restauro è invece una operazione che tiene conto della natura del manufatto, e viene condotta scientificamente, in maniera oculata, dopo aver studiato a fondo le caratteristiche dell'opera su cui si mettono le mani.
Come ben spiegato dai numerosi pannelli che accolgono il visitatore, il restauro di un oggetto di oreficeria consta di quattro fasi: lo smontaggio (da operare esclusivamente se necessario e non alla ricerca di eventuali scomparti segreti o per comprendere i meccanismi costruttivi); la pulitura (spesso operata a mezzo laser); il consolidamento e l'integrazione (quest'ultima solo se necessaria alla fruizione dell'opera e da non usarsi in maniera troppo estesa); la protezione delle superfici (oculatamente valutata) ed il rimontaggio eventuale.

Quattro sono le fasi di intervento e quattro sono le sale da attraversare nel corso della mostra; scelta non casuale vista la natura degli oggetti che si presentano al visitatore: nella prima sezione troviamo due opere in attesa di restauro, le cui condizioni conservative sembrano buone, ma che, ad un esame scrupolo del restuaratore (ma anche di un osservatore ben indirizzato) presentano sconnessioni e tracce di interventi grossolani. La seconda contiene quattro opere in corso di restauro, scelte per esemplificare le fasi di smontaggio e di integrazione; nella terza sala sono presentate alcune porzioni dell'Altare Argenteo del Battistero di Firenze in corso di pulitura, dove le due zone (talquale e pulita) dimostrano in maniera lampante come l'intervento possa restituirle a "nuova vita". Infine, nella sala IV, il risultato del certosino lavoro dei restauratori dell'OPD: otto capolavori su cui l'intervento è stato ultimato, che mettono in luce cosa si possa ottenere quando ad operare sono dei rigorosi professionisti, affiancati dall'equipe scientifica dello stesso OPD (come non citare anche i "nostri" omologhi conservation-scientists!). A questo proposito riportiamo il commento sulla mostra di Cristina Acidini, sovrintendente del Polo Museale Fiorentino: "Il restauro di ognuna di esse [le quindici opere esposte nella mostra, NdA] [...] rappresenta un percorso ogni volta diverso, messo a punto attraverso il confronto fra le figure professionali attive al suo interno, storiche, tecniche, scientifiche".

Una resturatrice dell'OPD all'opera su uno degli oggetti in mostra

Insomma, una mostra decisamente ben pensata e ben organizzata, che fornisce anche ai non addetti ai lavori un buon esempio di quello che è il mondo del restauro, pur occupandosi di materiali poco studiati, per quanto molto diffusi. Segnalo in particolare la brillante idea di porre, accanto ad ogni teca, un piccolo schermo LCD in cui scorrono spiegazioni (sia in inglese che in italiano) o foto di particolari dell'oggetto, in maniera tale da aiutare il visitatore a cogliere ogni minimo particolare ed ogni più piccolo dettaglio dell'opera davanti alla quale si trova. Lo ripeto: davvero decisamente brillante!!

La mostra resterà aperta fino al 30 gennaio, il biglietto costa 5 euro (3,5 € quello ridotto) - si tratta di un prezzo decisamente abbordabile, soprattutto se si considera che il biglietto consente anche di visitare il percorso museale di Palazzo Medici Riccardi con la cappella di Benozzo Gozzoli, la Sala di Luca Giordano e il Museo dei Marmi.

Il mio consiglio spassionato è di farci un salto, magari in una pausa dal frenetico shopping natalizio da cui difficilmente si scampa!


Pisside*: vaso nel quale si conservano le ostie consacrate.
Turibolo**: recipiente, sospeso a tre catenelle, nel quale si pone l'incenso, facendolo bruciare su di un piccolo braciere contenuto al suo interno.

PS: un ringraziamento a Clà per avermi accompagnato e aver pazientemente atteso che prendessi appunti e archiviassi mentalmente tutte le informazioni per scrivere questo post!!

1 commento:

Daniele ha detto...

Ciao Giovanna, oggi sono stato a vedere la mostra. Il prof. Benvenuti, che tiene il corso di Geomateriali, ha organizzzato per noi studenti una visita con un restauratore che è tra i curatori.
La visita è stata molto interessante, sia perchè ho visto oggetti di una raffinatezza rara sia perchè la guida ci ha spiegato tutti gli aspetti riguardo le fasi degli interventi, specificando particolari sui materiali, sulle tecniche di realizzazione nonchè sulle tecniche di restauro e quelle di diagnostica utilizzate per ogni oggetto. Interessanti i richiami ai concetti ormai noti di lacuna, patina, integrazione, restauro storico.
Anc'h'io giudico molto positivamente la mostra, ottimo l'ambiente nero che esalta i diversi materiali preziosi, le luci e gli specchi, nonchè la possibilità di poter vedere certe opere girandoci intorno e gli schermi ce mostrano imagini di particolari delle opere durante il restauro.
E'stata una bella occasione per conoscere questo tipo di materiali, a me purtroppo un po sconosciuto.
Mi domando solo cosa può tranrne una persona non dedita alla conservazione da una mostra di questo tipo, visto anche che le notizie sulle opere esposte sono proprio poche. Certo, di solito i visitatori si stancano di leggere, però magari un'elenco schematico delle opere di restauro effettuate non sarebbe stato male.