mercoledì 31 dicembre 2008

Felice anno nuovo!!

Il team di Art&Scienza interrompe la pausa festiva per augurare a tutti i lettori un felice inizio di 2009!!

A presto,

Giovanna&Michele&Giacomo&Andrea

lunedì 15 dicembre 2008

Il dibattito scuote l'America: i Pollock di Alex Matter sono autentici?

Ultimi mesi del 2002, Alex Matter, figlio di Mercedes e Herbert Matter, trova, fra gli scatoloni appartenuti alla madre, un grosso pacco su cui il padre ha scritto le seguenti annotazioni: “Pollock (1946–49) Tudor City (1940–1949) 32 Jackson experimental works (gift & purchase) Bad condition. 4 both sides. All drawing boards. Robi paints. MacDougal Alley, 1958.”

Così inizia la storia che oggi voglio raccontarvi.

Herber Matter, oltre ad essere stato un grande fotografo, era anche un carissimo amico di Jackson Pollock, uno dei maggiore esponenti della pittura contemporanea. Non è difficile trovare foto che li ritraggano insieme ed è oltresì noto che Pollock dipingesse nello studio newyorkese del fotografo. Il ritrovamento dei 32 quadri fra gli oggetti appartenuti alla famiglia Matter non destò, quindi, alcun clamore. La professoressa Ellen Landau è la prima a riconoscere come autentiche le 32 opere di Alex Matter; nel maggio del 2005 ci si affretta a preparare una pubblicazione ed una mostra che permetta a tutto il mondo di godere dei ritrovati capolavori dell'artista americano.

Giugno 2005, lo HUAM (Harvard University Art Museum) riceve alcuni campioni di tre quadri e comincia una campagna diagnostica volta all'identificazione dei materiali presenti sui frammenti disponibili.

Quasi contemporaneamente alcuni esperti della Pollock-Krasner Foundation mettono in dubbio l'autenticità dei 32 quadri; non sono gli unici a pensarla così, tanto che, nel giro di pochi mesi, altri esperti di Pollock rendono pubblici i loro dubbi. Da quel momento gli interventi della comunità scientifica e storica sulle opere appartenenti ad Alex Matter crescono esponenzialmente (articolo New York Times, articolo sul Guardian, articolo sul Boston.com, solo per citarne alcuni).

A seguito dell'acceso dibattito la pubblicazione del catalogo e la mostra vengono rinviate a data da destinarsi.

I risultati delle analisi effettuate presso lo HUAM vengono pubblicati in un report nel gennaio del 2007 e presentati nel corso di una conferenza al Metropolitan Museum of NYC il primo giugno 2008, in occasione del Word Science Festival, che si tiene ogni anno a fine primavera. Il simposio, presentato dal professor Narayan Khandekar, senior conservation scientist e senior lecturer dell'Università di Harvard, è stato ripreso e messo a disposizione della comunità da parte del museo in quell'enorme e preziosissimo serbatoio che è Youtube. E' qui che l'ho scovato ed è grazie a questa conferenza che mi sono interessata a questo caso quasi poliziesco, in cui la scienza, per l'ennesima volta, si è messa al servizio degli storici dell'arte, dimostrando una volta per tutte la sua utilità.

Il video è diviso in tre parti. Il professor Khandekar parla un inglese molto comprensibile e la presentazione risulta chiara e godibilissima!




Dopo una breve introduzione storica (che è simile a quella che vi ho riportato nella parte iniziale del post), il professore illustra le tecniche che sono state usate per l'identificazione dei materiali presenti nei tre dipinti da loro analizzati. Oltre ai classici SEM-EDS, FTIR e Raman, l'equipe scientifica di Harvard si è avvalsa della datazione al Carbonio 14, della GC-MS con pirolisi e di LDI-TOF-MS. Quest'ultima è forse la tecnica meno conosciuta fra le sei appena nominate. In parole povere si tratta di una spettrometria di massa portata a termine ionizzando il campione con un fascio laser diretto nel punto da analizzare; è una tecnica ancora poco impiegata su cui potete trovare informazioni più dettagliate nella letteratura scientifica.
Vi segnalo in particolare una interessante informazione presente in questa prima parte della conferenza: le indagini al carbonio 14 sono state portate a termine su un frammento del cartone di montaggio. La quantità di C14 è pressochè costante nei materiali che erano "vivi" (ovvero in grado di scambiare con l'atmosfera) prima degli esperimenti atomici degli anni '50; tutto ciò che è stato prodotto dopo questi esperimenti presenta una quantità di C14 estremamente elevata. Il dato riscontrato nel cartoncino di montaggio è in linea con quelli di materiali che risalgono a prima dell'avvento del nucleare. E' chiaro perchè i ricercatori di Harvard siano partiti da questa analisi: infatti, se avessero trovato che il materiale di base dell'opera era stato prodotto dopo la morte dell'artista (1956) non ci sarebbero stati dubbi sulla falsità delle opere sottoposte ad analisi.




Tutte e tre le opere sono state oggetto di un pesante restauro commissionato da Alex Matter a Franco Lisi poco dopo il ritrovamento. Tracce di questo intervento sono state trovate nel presente studio, ma non sono certo questi i dati più interessanti dei ricercatori di Harvard!




Le analisi effettuate hanno messo in evidenza la presenza, in tutti e tre i quadri, di sostanze la cui commercializzazione è avvenuta dopo il 1956, anno della morte di Jackson Pollock. In particolare, nell'opera indicata con la sigla MBJP29 il pigmento marrone diffusamente impiegato, è stato scoperto all'inizio degli anni '80 e commercializzato nel 1986; o ancora, il colore arancione presente nell'opera MBPJ14, di cui riportiamo la foto qui sotto, è stato prodotto a partire dagli anni '70.


Riporto di seguito una parte della conferenza del professore, per coloro che non abbiano avuto voglia o tempo di ascoltarla per intero.

Se eliminiamo dal quadro MBJP14 tutte le sostanze (coloranti e medium organici) prodotte dopo la morte di Pollock ciò che otteniamo è ben rappresentabile dalla seguente immagine:



La provocazione del professor Khandekar è ben riuscita ed esprime con molta chiarezza le conclusioni del lavoro diagnostico portato a termine ad Harvard: non è possibile dire che questi tre dipinti (3 su 32, quindi non un numero statisticamente significativo) siano stati realizzati da Jackson Pollock. Su di essi, infatti, sono presenti sostanze che l'artista americano non poteva avere a disposizione alla fine degli anni '40, quando si pensa che queste opere siano state realizzate. Non è possibile neanche dire chi abbia prodotto questi falsi, ma, per certo, ancora una volta, è stato dimostrato che l'occhio di un critico è sicuramente un ottimo strumento per attribuire un'opera, ma non è infallibile. L'infallibilità, il più delle volte, deriva dalla scienza.


Prima di chiudere questo lunghissimo post devo informarvi del fatto che la mostra dei 32 Pollock di Alex Matter si è tenuta tra il settembre e il dicembre del 2007, presso il Mc Mullen Museum del Boston College. Nel catalogo della mostra, curata da Matter e dalla professoressa Landau, Richard Newman, del Fine Arts Museum di Boston, divide 9 dei 32 quadri che ha potuto esaminare in tre classi: quelli che contengono esclusivamente sostanze disponibili per l'artista; quelli in cui sono presenti alcune sostanze databili dopo il 1956 solo sulla superficie (si potrebbe trattare di ritocchi successivi su opere originali); e quelli in cui coloranti e medium postumi alla morte dell'artista si trovano negli strati inferiori dei quadri (in questo casoè chiaro ce si ha a che fare con dei falsi).

Nel novembre del 2007, James Martin della Orion Analytical (una prestigiosa ditta di diagnostica statunitense) presenta i dati da lui ottenuti dopo l'analisi, commissionata da Alex Matter, effettuata su 23 dei 32 quadri di Pollock. Su 16 di queste opere egli trova significative tracce di materiali successivi alla morte dell'artista. Inoltre, sui supporti sono spesso presenti marchi di materiali prodotti solo dopo gli anni '70. Nonostante questi risultati, la mostra a Boston è stata un successo e dei 32 Jackson Pollock di Alex Matter continueremo a sentir parlare, nel bene o nel male.


venerdì 5 dicembre 2008

Restauro David di donatello: esempio da seguire?

é stata recentemente festeggiata, nel Palazzo del Bargello a Firenze, la fine del restauro del David bronzeo di Donatello.
L'opera si presentava soffocata da incrostazioni disuniformi formatesi sulla superficie; esse erano dovute ad “incerature”, andate incontro a mineralizzazione, ed a patinature, inscuritesi nel tempo.
Ancora una volta, quindi, un intervento di restauro doveva essere eseguito per porre rimedio a passati interventi, troppo spesso volti ad adattare l'opera ai gusti del tempo, piuttosto che alla conservazione dell'opera come tale.

Il restauro si è reso possibile, ai nostri giorni, grazie alla ricerca ed allo sviluppo di nuove tecnologie che permettono interventi sempre più mirati e meno invasivi; in particolare è stata utilizzata l'ablazione laser (che abbiamo già visto in un altro post), per rimuovere le incrostazioni selettivamente, senza danneggiare il bronzo sottostante.
La perfetta riuscita dell'opera di pulitura ha permesso di riportare alla luce tracce di dorature, originariamente presenti sulla scultura, realizzate con la tecnica a “missione”, e per questo particolarmente fragili.

Oltre che eseguito in maniera esemplare, questo intervento ci pare interessante per la particolare modalità in cui è stato svolto: si è trattato, infatti, di un cantiere aperto al pubblico.
La scultura non è stata spostata, ma semplicemente adagiata su di un supporto nella stessa sala dove era esposta, ed il restauro si è svolto sotto gli occhi incuriositi dei visitatori.


la foto mostra come si presentava il cantiere

Sicuramente tale esperienza è stata permessa dalle ottime condizioni in cui versava l'opera (in fondo si è trattato di un intervento di “semplice” pulitura), e dalla tecnica di intervento, che permetteva di operare in tali condizioni ambientali. Sebbene, quindi, una simile procedura sia applicabile in pochi interventi di restauro, questo è sicuramente un ottimo esempio, a nostro parere, di come anche il restauro possa divenire protagonista agli occhi del pubblico.

Ci piacerebbe inoltre stimolare la discussione riguardo alla decisione di apporre a fianco dell'opera restaurata una sua copia, eseguita con la medesima tecnica, sulla quale sono state applicate tutte le dorature di cui si è trovata traccia e che si propone di far vedere allo spettatore l'opera come la poteva osservare Lorenzo il Magnifico.

Il David restaurato e, sullo sfondo, la sua copia con le dorature

Utile ed interessante ricostruzione?
Oppure falso simulacro che toglie all'opera quel gusto di “antico”, quella “patina dei secoli” che la rende affascinante e misteriosa?

A voi la parola....


Andrea



riferimenti: http://www.beniculturali.it/sala/dettaglio-comunicato.asp?nd=ss,cs&Id=2877

giovedì 27 novembre 2008

La Madonna del Cardellino rivede la luce

Sono lieto di riportare di seguito il contributo di Andrea Santin, in veste di "inviato speciale" del nostro blog, ma che ben presto entrerà a far parte in pianta stabile del team di Art&Scienza:

"Sabato 22 Novembre è stata presentata, in Palazzo Medici Riccardi, la mostra che accoglierà fino al tre marzo la “Madonna del cardellino”, capolavoro di Raffaello. Il dipinto, realizzato nel 1506, giunge a noi dopo aver attraversato molte avversità nei suoi 500 anni di vita. Già nel 1548 subì il crollo del palazzo che lo conservava e si frantumò in 3 parti; fortunatamente fu recuperato e riassemblato, probabilmente da Ridolfo del Ghirlandaio, che pure ne ridipinse varie parti. Vari furono, in seguito, i tentativi di restauro di cui sono state rilevate le tracce dall’Opificio delle pietre dure di Firenze. Il dipinto giunse, infine, nelle mani dell’Opificio nel 1999, dove fu sottoposto ad un minuzioso restauro, durato quasi 10 anni.


Il dipinto prima (sinistra) e dopo (destra) il restauro

La mostra, molto piccola in realtà, si compone di 3 sale: le prime due contengono ampia documentazione del restauro, fin dai suoi primi passi, mentre la terza racchiude il dipinto insieme ad alte 4 opere coeve, che aiutano mettere in risalto il valore e l’unicità dell’opera.
Non ci soffermeremo a dare un giudizio sulla mostra, ma ci fa piacere sottolineare come tale esposizione non sia un semplice sfoggio dell’opera (peraltro veramente sublime), ma un importante tentativo di mostrare il restauro come soggetto comprimario all’opera, tentando di spiegarne tutti i passaggi e di far capire al pubblico come esso sia fase tra le più delicate nella vita di un opera.

Sono stati dedicati più di due anni alle indagini diagnostiche sul dipinto, e sono state utilizzate svariate tecniche, prevalentemente non invasive:

Radiografia e tomografia: utili per documentare precedenti interventi e per valutare lo stato di conservazione del supporto ligneo.

Riflettografia IR: per acquisire informazioni sui pigmenti e sula tecnica pittorica.

XRF: ha permesso di discriminare i pigmenti impiegati da Raffaello da quelli utilizzati in seguito.

Tecniche di indagine 3D (profilometria a riga laser, micro-profilometria conoscopica, topografia di superficie a proiezione di linee).

FORS (Fiber Optic Reflectance Spectroscopy).

Indagini chimiche.

Nella mostra tali tecniche sono tutte documentate da descrizioni e foto suggestive, che danno il giusto risalto a tutto il lavoro svolto dai tecnici. Tale documentazione però manca di citare le analisi chimiche, che non vengono menzionate in alcuna parte delle descrizioni. dimenticanza? Forse semplice omissione di analisi “scomoda”, che hanno richiesto il prelievo di ben 7 campioni, da varie parti del dipinto.

Per soddisfare ogni curiosità o domanda, comunque, è stato pubblicato un libro interamente dedicato al restauro dell’opera, che contiene dettagliate informazioni di ogni tecnica utilizzata (anche delle analisi chimiche!) e dei risultati raggiunti. Il risalto che la mostra offre alla parte diagnostica dell’intervento rivela, anche agli occhi di un pubblico non esperto, quanta importanza essa abbia nel raggiungimento di risultati di così alto livello.

Ci auguriamo che sempre di più, nel restauro, venga posta l’attenzione sulle indagini diagnostiche, troppo spesso tralasciate, o private della giusta considerazione.

Andrea"

Mi permetto di aggiungere un video molto interessante (sebbene privo di audio!!) in cui vengono descritte, purtroppo solo visivamente, alcune fasi del restauro:



mercoledì 19 novembre 2008

"Youth in Conservation of Cultural Heritage": convegno riguardante la conservazione dei Beni Culturali

Con questo breve post vorrei segnalare (per chi non ne fosse a conoscenza) o ricordare (per chi, invece, lo sapeva già) che la settimana prossima si terrà un convegno molto interessante per chi, come noi, si interessa di conservazione di Beni Culturali.
Il convegno si intitola "Youth in Conservation of Cultural Heritage" e si terrà a Roma nei giorni 24-25 Novembre. Il progetto è stato promosso ed organizzato dalla Italian Association of Conservation Scientists (IACS, associazione che ha sostituito la AIEDAbc, di cui si era già parlato in un altro post risalente alla preistoria di questo blog...) e dal Younger Chemists Group of Italian Chemical Society.
Il convegno si articola in due giornate in cui si susseguiranno 33 presentazioni orali e saranno presentati altri 24 lavori in forma di poster.
Due sono le principali tematiche trattate nel convegno:
- La presentazione di esperienze, lavori e ricerche portate avanti da giovani professionisti in questo campo
- Il problema dell'inserimento della nostra figura professionale nel mondo lavorativo della conservazione
I temi mi sembrano molto interessanti e soprattutto riguardano molto da vicino tutti quelli che, come noi, hanno fatto o stanno facendo la laurea specialistica 12/s. Inoltre vorrei sottolineare il fatto che l'iscrizione al convegno costa soltanto 20€ (che, credetemi!, è un prezzo veramente onesto rispetto a quello che normalmente viene chiesto ai convegni).
Quindi, se siete nei paraggi di Roma, o se volete farvi un viaggetto nella capitale, vi consiglio di fare un salto all'Università della Sapienza per assistere al convegno.
Il sito di riferimento è http://www.yococu.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1&Itemid=19
P.S.: Tra i poster presentati potrete anche trovarne uno fatto dal team di Art&Scienza (il titolo è: Conservation Science At CSGI - Innovative Methods For The Conservation Of Works Of Art.)!

domenica 16 novembre 2008

Manifestazione per l'Università, Roma, 14-11-2008

Cari lettori, eccoci di nuovo con un post un po' atipico. In questo clima di fermento sui temi dell'Università, il team di Art&Scienza non poteva rimanere a guardare ed è sceso in piazza insieme ad altre decine di migliaia di studenti, dottorandi, ricercatori e precari. Abbiamo manifestato per protestare contro i tagli indiscriminati ai finanziamenti statali alle Università previsti dal DL 133 e per affermare una volontà di riforma che ci deve essere e che deve puntare sulla meritocrazia, sulla ricerca e sui giovani. Una riforma che deve individuare ed eliminare gli sprechi, le baronie e le cattedre inutili; una riforma che deve razionalizzare e rendere competitivi il sistema universitario e gli enti di ricerca, ma che dovrebbe poggiare su di una riorganizzazione dei finanziamenti statali e non essere preceduta da una serie di tagli senza precedenti.

Quando un Paese non investe nella ricerca e nell'Università vuol dire che non c'è un reale interesse per il futuro e, quindi, per l'avvenire dei più giovani. Perché se è vero che il momento è delicato e i soldi non ci sono, è vero anche che i costi della politica non scendono, la lotta all'evasione fiscale non è dura come dovrebbe, la lotta alle mafie nemmeno e continuiamo a spendere un sacco di soldi per le missioni militari in Afghanistan e Iraq. E' una questione di priorità. Evidentemente le priorità di questo governo sono altre.

Il video che segue è un piccolo assaggio della manifestazione di venerdì 14 a Roma. Per tutti quelli che non ci sono stati e vogliono vedere cosa si sono persi, ma anche per chi c'è stato ma vuole riviverne alcuni momenti...



...L'importante è non fermarsi al semplice "NO alla 133", ma iniziare a proporre un'alternativa all'attuale sistema universitario, cosa che molti stanno già facendo. Perché cambiare le cose è e deve essere possibile!

domenica 9 novembre 2008

I misteri di Leonardo


Vi preannuncio che il post è decisamente poco serio, ma rispecchia bene il lato "giocoso" del carattere di tutti e tre i membri di Art&Scienza - e vi assicuro che spesso è un lato preponderante, per non dire assoluto!

Ecco un nuovo, accattivante, imperdibile, soprendente, misterioso capitolo degli studi "scientifico-esoterici" sul genio di Vinci:



Certe volte gli scienziati della conservazione dovrebbero stare attenti a non alimentare con le loro conclusioni la fantasia di chi non vede l'ora di costruire un nuovo enigma vedendo per forza un mistero dove, in realtà, non c'è proprio niente... Se non un quadro, un'artista e un committente! Potrebbe bastare questo, no?!

Il video è tratto da "Non Perdiamoci di Vista", nuovo programma di Paola Cortellesi su Raitre, ogni giovedì in prima serata.

domenica 2 novembre 2008

Il “Guernica” di Picasso: un capolavoro a rischio

La notizia è di questa estate. È iniziata un’indagine molto accurata sul più grande capolavoro di Pablo Picasso, il “Guernica”.



Prima di addentrarci nello specifico delle tecniche utilizzate e sui risultati ottenuti dai restauratori è interessante capire il perché di un così urgente e attento studio diagnostico su di un opera di appena settant’anni.

Questo dipinto fu commissionato a Picasso dalla Repubblica spagnola che attaccata dalle truppe del generale Franco volle lanciare un grido d’allarme a tutte le potenze mondiali sulla sua drammatica situazione interna. Appena ultimato, quindi, il quadro fece il giro del mondo in modo che il suo messaggio potesse arrivare al maggior numero di persone. Proprio questa continua migrazione causò i problemi più gravi e immediati, tant’è che già vent’anni dopo lo stesso Picasso, viste le gravi condizioni in cui versava il quadro, decise di farlo restaurare e tenerlo stabilmente in esposizione al MOMA di New York.Dopo la caduta del regime franchista il quadro fu spostato al museo Reina Sofia di Madrid.

La sua conservazione è garantita da un equipe di restauratori e scienziati i quali proprio in questo periodo hanno avviato un’accurata indagine diagnostica non invasiva:

- Radiografia ai raggi X per valutare la presenza di fessurazioni e discernere i vari pigmenti a seconda del loro diverso assorbimento della radiazione X;

- Una scansione fotografica ad alta risoluzione, in modo da ottenere un immagine digitale fedele all’originale;

- Indagini colorimetriche in vari punti dell’opera per valutare i cambiamenti di colore nel tempo e prima e dopo i vari interventi conservativi;

- Riflettografia infrarossa per andare a indagare al di sotto della pellicola pittorica e scovare l’eventuale presenza di disegni preparatori o ripensamenti.

I risultati hanno mostrato che dall’ultima indagine di 10 anni fa la situazione sembra essersi stabilizzata, tanto che il responsabile della sua conservazione, Jorge Garcia, ha concluso (con un paragone medico tanto caro agli addetti in questo campo) che l’opera “è in una situazione stabile per quanto grave” e che “gode di una cattiva salute di ferro”.


Come si è visto, i troppi viaggi e le poche precauzioni utilizzate durante i vari spostamenti intrapresi da Guernica hanno causato gravi danni che tutt’ora non sono stati risolti. Il problema delle spedizioni di opere per mostre è una tematica ancora attuale e per nulla risolta (si veda in proposito la polemica nata con la decisione di mandare L’annunciazione di Leonardo in Giappone http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=163339&PRINT=S) per questo vorrei lanciare un dibattito tra voi lettori per sapere cosa pensate a questo proposito. Da parte mia credo che ogni caso debba essere affrontato singolarmente e che quindi non ci sia una risposta univoca al problema. Concedere opere per mostre aiuta e facilita la conoscenza di culture, usanze, storie… diverse dalle proprie; inoltre c’è anche il ritorno di immagine e di profitti che un’istituzione può trarre dal prestare le sue opere. Per questi motivi, secondo me, in linea di principio si dovrebbe sempre tendere ad acconsentire a richieste di opere per mostre. Tutte queste considerazioni, però, sottostanno a valutazioni di tipo conservativo: un’opera prima di lasciare il luogo in cui è conservata deve essere scrupolosamente studiata e devono essere garantite le giuste precauzioni per il trasporto e per la sua conservazione durante la mostra. Inoltre alcune opere che possono essere considerate un simbolo e un patrimonio per i musei in cui sono conservate, non dovrebbero mai lasciare il luogo in cui si trovano. I motivi sono due: per prima cosa durante l’assenza dell’opera i visitatori del museo ne sarebbero in qualche modo danneggiati (vi immaginate che farebbero i giapponesi se al loro arrivo al Louvre la Gioconda non fosse lì???) e in secondo luogo, per alcune opere non si dovrebbe correre nessun tipo di rischio anche se minimo.


Riferimenti:

http://artmagazine.arcadja.it/2008/07/22/i-restauratori-lanciano-lallarme-per-%E2%80%9Cguernica%E2%80%9D-di-picasso/

http://www.repubblica.it/2008/07/sezioni/spettacoli_e_cultura/guernica-malato/guernica-malato/guernica-malato.html

giovedì 28 agosto 2008

Proviamo a ripartire...!

Va bene, cari lettori di Art&Scienza (ammesso che ne sia rimasto qualcuno...!), l'esperimento del blog-bacheca aperto a tutti è decisamente fallito.
Ne prendiamo atto, ma non ci scoraggiamo; anzi, proviamo a ripartire. Il team di Art&Scienza, si è riunito per cercare di riprendere in mano il timone di un blog ormai andato alla deriva. L'intento, infatti è quello di garantire un post alla settimana, per continuare a parlare di eventi, notizie e quant'altro possa riguardare la scienza applicata ai beni culturali!

Speriamo di farcela a mantenere il ritmo. E speriamo che questo ritorno venga accolto bene anche dal nostro pubblico internauta.

A presto su queste pagine!

giovedì 29 maggio 2008

email del blog!!

Ecco l'indirizzo e-mail a cui potete inviare i vostri contributi!
Noi provvederemo a leggerli e a pubblicarli su Art&Scienza!
Buona collaborazione!


mercoledì 28 maggio 2008

Art&Scienza si rinnova!

Cari lettori di Art&Scienza,
siamo onesti: il dottorato ci sta spremendo fino all'ultima goccia di tempo libero che avevamo... e questo ci impedisce di curare questo blog come abbiamo fatto fino ad ora (e vorremmo continuare a fare...). Come risultato di questa situazione, i post sono andati via via diradandosi per poi svanire nel nulla ormai da quasi due mesi!

Come venire fuori da questa situazione di stallo?

La soluzione a cui siamo giunti è quella di passare la parola a voi. Diventate voi, cari lettori, i principali autori di ciò che viene scritto su queste pagine virtuali! Giovanna, Giacomo ed io ci limiteremo a fungere da redazione per gestire e coordinare gli articoli che ci arriveranno... Promettiamo di riuscire a trovare il tempo per fare almeno questo!

Il nuovo Art&Scienza sarà quindi uno spazio dove ciascuno potrà riportare notizie, avvenimenti, considerazioni, opinoni, battute e (quasi - ci riserviamo il sano diritto di fare un po' da filtro!) tutto quello che riguarda il mondo della scienza applicata alla conservazione dei beni culturali...

Speriamo che quest'idea venga accolta positivamente; può venirne fuori qualcosa di molto interessante!

Presto pubblicheremo l'indirizzo e-mail a cui potrete inviarci i vostri articoli, che noi provvederemo a pubblicare sul blog!

Fateci, intanto, sapere cosa pensate di questa svolta nella gestione di Art&Scienza; siamo curiosi di sapere quanto successo può ottenere questa iniziativa!!

domenica 6 aprile 2008

Chi è stato a Ferrara?

Innanzitutto, una considerazione: ho tristemente notato che in questo blog il gap che separa un post dall'altro si sta facendo sempre più ampio... Non ce ne vogliate, cari lettori, perché quasi tutto il nostro tempo viene speso per la nobile causa della ricerca scientifica per la conservazione dei beni culturali!

Comunque, per tenere viva la vostra attenzione volevo coinvolgervi chiedendovi di partecipare attivamente a questo post. Come molti di voi sapranno, a Ferrara si è appena concluso l'annuale Salone del Restauro, a cui nessuno del team di Art&Scienza, purtroppo, ha potuto fare neanche una capatina...
Volevo quindi esortare chi di voi fosse passato a dare un'occhiata a raccontare, in forma di commento a questo post, cosa ci siamo persi! Fateci conoscere le novità più appetitose; riassumeteci il succo degli interventi più interessanti; insomma, condividete quello che avete appreso!!

Mi aspetto numerosi commenti!

domenica 16 marzo 2008

Universi paralleli

Ho navigato un po' per la rete in cerca di qualche notizia succulenta da riportare sulle pagine di questo blog, ma non ho trovato niente che mi sembrasse degno di nota...

Ho deciso, allora, di lasciarmi scappare qualche "riflessione ad alta voce"... così, per vedere se ne nasce una bella discussione fruttifera (o anche del tutto inutile, ma pur sempre interessante!) con i lettori di Art&Scienza...

Ho sempre pensato che il corso di laurea che ci ha formati (e con "ci", intendo sicuramente noi del team di Art&Scienza, ma anche, suppongo, la maggior parte di voi, che ci seguite su questo blog!) fosse nato dall'esigenza di creare un ponte, un punto di contatto fra due realtà che correvano su due binari distinti: il mondo della conservazione e del restauro dei beni culturali da una parte, e il mondo della ricerca scientifica applicata ai beni culturali. E più mi sono addentrato negli argomenti del corso di laurea, più ho compreso che mi trovavo davvero fra due universi paralleli, separati da un abisso sancito dal diverso percorso culturale che porta alla formazione delle rispettive figure professionali. Ma quanto gli abitanti dei due universi sentivano realmente l'esigenza di un punto di contatto? Inizialmente pensavo che il bisogno fosse reale; che entrambe le parti desiderassero capirsi meglio l'una con l'altra. Bene, su questo inizio ad avere i miei dubbi...

Devo dire, innanzitutto, che io già mi sentivo, (per l'impostazione del corso di laurea di Firenze) e mi ci sento sempre più (con l'inizio del dottorato), molto più vicino alla scienza della conservazione che al mondo del restauro pratico ed ho quasi sempre avuto a che fare solo con la realtà della ricerca universitaria. Mi accorgo, quindi, di non avere praticamente mai mosso un passo in quello che è il "mondo reale", il mondo di coloro che stanno in prima linea nella conservazione delle opere d'arte, che ci mettono fisicamente le mani.

Comunque, nonostante la mia visione, per così dire, un po' parziale (nel senso di "non del tutto completa", ma anche nel senso di "più tendente a simpatizzare per una delle due parti"...) della questione, l'impressione che ho è quella di un mondo scientifico che cerca di convincere un riluttante mondo del restauro pratico della necessità che quest'ultimo avrebbe dell'aiuto del primo. In soldoni, mi sembra che la situazione possa essere riassunta così:

"Io, scienziato, cerco di convincere te, restauratore, che quello che fai da secoli nello stesso modo non sempre va bene. Da oggi sarebbe meglio che tu cominciassi a consultare prima me e quello che traggo dai risultati delle mie analisi..."

Dal canto mio, non posso che essere daccordo con il punto di vista dello scienziato (il mondo della conservazione dei beni culturali avrebbe indubbiamente bisogno di iniziare ad avvicinarsi ai problemi con un approccio più scientificamente corretto - ne deriverebbero dei vantaggi sia per le opere, che per gli operatori), ma riesco a comprendere perfettamente anche la diffidenza del restauratore nell'accettare l'intrusione scientifica...


Insomma, in una realtà in cui il restauro è un'attività ancora molto legata all'artigianato delle botteghe di un tempo (stando, a onor del vero, a quel poco che ho potuto vedere e sentir raccontare), c'è posto per la scienza?

Già che ci sono, io mi rispondo anche:

"Dovrebbe esserci e, di conseguenza, il posto andrebbe trovato. Magari non necessariamente nell'ambito della diagnosi preliminare a qualsiasi intervento di restauro (sono daccordo col fatto che spesso basti l'esperienza del restauratore), ma sicuramente nell'ambito dello studio dei materiali, dei fattori di degrado e di tutto ciò che, se conosciuto a livello chimico-fisico (e non solo fenomenologico!), può limitare al minimo l'intervento di recupero sull'opera e favorire le operazioni atte alla conservazione ottimale degli oggetti d'arte."

Detto questo, la parola passa a chiunque abbia un'idea, un parere, uno straccio di opinione da esprimere sull'argomento. Di qualsiasi universo parallelo facciate parte... Si apra il dibattito!

martedì 11 marzo 2008

L'arte italiana si libera sul web...

Un saluto a tutti i devoti lettori. Innanzitutto mi scuso per la prolungata assenza dalle pagine virtuali di questo blog, ma da quando abbiamo iniziato il dottorato, il tempo libero è davvero poco!

Venendo alle cose serie, volevo segnalare un interessante articolo che un nostro affezionato lettore, Francesco de Virgilio, ha pubblicato sul proprio blog.

Nel suddetto intervento viene presa in considerazione una norma recentemente approvata, che si inserisce all'interno del codice che attualmente regolamenta i beni culturali. La nuova norma entra nel merito dei diritti d'autore su oggetti d'arte e cerca di chiarire quando e quanto questi debbano limitare la diffusione di riproduzioni di tali oggetti d'arte in particolare sul web.
Come si può capire l'argomento è piuttosto particolare, ma di sicuro interesse, dato che l'avanzamento tecnologico di mezzi come internet e la facilità sempre maggiore con cui si scambiano informazioni, suoni e immagini tendono a riscrivere, a volte aggirando (o precedendo) le leggi vigenti, le regole esistenti in materia di diritti d'autore.

Insomma, se siete curiosi di saperne di più, cliccate sul link, leggete quello che scrive Francesco e traetene le vostre considerazioni!

(E prendete spunto da questo post per continuare a collaborare attivamente con il nostro blog; un blog va avanti finché c'è un pubblico con cui interagire, ergo, abbiamo bisogno di voi!)

sabato 1 marzo 2008

Il mondo del restauro si riunisce a Ferrara

Sono ormai alcuni anni che a Ferrara si tiene il Salone del Restauro, incontro di quattro giorni in cui vengono affrontati i mille aspetti differenti del mondo della conservazione dei Beni Culturali. Puntualmente, come ogni anno, mi sono ritrovata a sfogliare il programma, recapitatomi a casa dall'efficientissimo servizio di organizzazione della Fiera, che detiene i miei dati dalla prima volta che mi sono recata in quel di Ferrara-correva l'anno 2004... Ad onor del vero, prima ed ultima volta, ma non è sempre facile trovare il tempo di prendersi un giorno libero in periodo di lezioni universitarie!

Quest'anno il programma prevede alcuni interessanti incontri, che ho evidenziato sulla mia copia del programma, e che sono lieta di condividere con voi, devoti lettori del blog; sarei altrettanto lieta se aggiungeste, nella sezione commenti, gli incontri/conferenze che voi ritenete degni di nota, e magari, una volta andati a Ferrara, sarei felicissima di leggere le vostre impressioni sull'evento!

La prima impressione che ho avuto io è che, quest'anno, l'OPD la faccia da padrone, con numerosissimi incontri e presentazioni di volumi, realizzati in collaborazione con Nardini Editore; nella fattispecie, trovo molto interessante il convegno "Riflettografia e grandi maestri: Raffaello", che si terrà sabato 5 Aprile dalle 10 alle 13 nella Sala Schifanoia. Quest'anno (dopo Leonardo nel 2006 e Piero della Francesca nel 2007) saranno le opere del pittore urbinate ad essere sottoposte ad una accurata sessione di indagini, portate a termine dal team dell'Istituto Nazionale di Ottica Applicata di Firenze. Per usare un linguaggio da recensione: DA NON PERDERE!!

Lo stesso giorno si terrà anche un incontro meno scientifico, ma non per questo di minore interesse, dal titolo "Una moratoria per il restauro", in cui verrà affrontato il dibattito aperto dall'articolo su Repubblica del 3 Ottobre scorso ad opera di Salvatore Settis e Carlo Ginzburg; i due storici dell'arte, in maniera abbastanza (e volutamente!) provocatoria si chiedono se non sia meglio smettere di restaurare, nel rispetto della sacralità dell'opera, legata anche al suo naturale invecchiamento. Non è mio interesse entrare nel vivo della questione, anche perchè non ritengo di essere in grado di esprimere un parere tecnico, come invece ben fa Giorgio Bonsanti, Professore ordinario di Storia dell'Arte e Storia delle Tecniche del Restauro all'Università di Firenze, nel suo pezzo che apre il deplian della Fiera. E' proprio il professor Bonsanti ad essere promotore di questo incontro, in cui si affronterà la parte più teorica del restauro, quella codificata, anni fa, da Cesare Brandi nel volume "Teoria del Restauro". Personalmente trovo alcune posizioni di Settis e Ginzburg condivisibili, così come apprezzo l'apertura mentale di Bonsanti, che invita al dialogo tra le due fazioni. Con queste premesse, credo che a Ferrara, il giorno 5 Aprile, ne vedremo delle belle!!

Oltre ai convengni, nel corso del Salone del Restauro, si svolgeranno moltissimi incontri tecnici, fra i quali ho evidenziato:

1. Le indagini per il restauro della facciata di Santa Maria Novella, 2 Aprile, ore 11; un importante lavoro di restauro per Firenze che ha coinvolto anche alcune nostre colleghe nel corso della loro tesi triennale.

2. Leonardo, l'Ultima Cena. Indagini, ricerche, restauro, 3 Aprile, ore 12; si tratta della presentazione di un libro edito da Nardini Editore su un grande capolavoro a rischio.

3. Il restauro e le ricerche scientifiche sulla Madonna in cartapesta di J. Sansovino appartenente al Museo del Bargello, 4 Aprile, ore 10; con notevole campanilismo, sono molto interessata al restauro portato a termine dall'Istituto Centrale del Restauro su un'opera fiorentina.

4. Due casi di restauro: il Decretum Gratiani della biblioteca malatestiana di Cesena e le carte del Decameron conservate nella biblioteca comunale Passerini-Landi di Piacenza, 4 Aprile, ore 10; dal momento che il mio dottorato ha come area di interesse i materiali cellulosici, non posso che essere attratta dalla presentazione del restauro di documenti cartacei, realizzato dall'Istituto Centrale di Patologia del Libro.

5. Sistemi microdispersi per il trattamento di pitture murali e superfici lapidee, 4 Aprile, ore 12:30; uno di noi su queste cose ci lavora e ci lavorerà per tre anni circa, per cui non potevo che segnalarvelo!!

6. Disinfezione anossica e atmosfere controllate, 5 Aprile, ore 12:30; per ricordare a tutti, a noi tre per primi, che non esistono solo metodi chimici e fisici, ma che anche la biologia (micro e macro) fornisce preziosissime informazioni per la diagnostica e ottime soluzioni nel corso della fase di restauro/conservazione.

Ci sarà anche un incontro tecnico in cui verrà presentato il nuovo sito internet dell'Opificio, su cui ho scritto, ormai quasi due settimane fa, un post!!

Online è disponibile tutto il programma, oltre al pezzo di Bonsanti sulla moratoria per il restauro; la mia scelta sugli incontri che vorrei seguire-cosa che peraltro non so se sarà possibile- l'ho fatta. Ora tocca a voi dire la vostra!!!

Ci vediamo a Ferrara!!

[aggiornamento del 7/03: non so per quale motivo non funzioni il link che il nostro amico Giancky ha inserito nel suo commento; dal momento che mi pare che sia un ottimo suggerimento lo inserisco io qui, cosìcchè sia di facile accesso a tutti: Internet per il restauro. Buona lettura e grazie a Giancky per la preziosa segnalazione!!

PS: ho inserito solo il link al post che raccoglie vari commenti all'articolo di Settis e Ginzburg, ma vi consiglio di leggere e tenere d'occhio tutto il blog!!]

mercoledì 13 febbraio 2008

L'Opificio si rinnova

Dal primo Febbraio è online il nuovo sito dell'Opificio delle Pietre Dure, primo centro di Restauro d'Italia (primo sicuramente in ordine di tempo, evitando di entrare nel merito di altri tipi di primati...). Il titolo del post avrà forse fatto sobbalzare alcuni di voi nella speranza che magari il citato "rinnovo" riguardasse il personale, scientifico e non, che ha la fortuna di poter lavorare su capolavori di ogni secolo e civiltà; invece per ora nessun bando attivo, ma, cari lettori, non perdete la speranza e consultate di tanto in tanto, tenendo incrociate le dita, la sezione bandi del sito.

Altra area decisamente interessante è quella delle pubblicazioni, in particolare per chi, come noi, è sempre alla ricerca di interessanti notizie dal mondo della scienza della conservazione e del restauro. L'OPD pubblica, ogni anno, una rivista, "OPD Restauro", in cui sono presentati gli interventi più significativi e i risultati delle ricerche effettuate in collaborazione con diversi enti.

A questo proposito, sulla carta, materiale che mi sta molto a cuore per motivi di dottorato, saranno presto presentati i primi dati del "Progetto Rinascimento Digitale: Studio del danneggiamento della carta dovuto ad esposizione alla luce" nato in compartecipazione con l’Istituto di Fisica Applicata “Nello Carrara” del CNR di Firenze.

Infine, a chi non sapesse niente della gloriosa storia dell'Opificio, consiglio di leggersi le ricchissime pagine introduttive del sito, e quelle, altrettanto interessanti, relative alla diagnostica e alla ricerca che viene portata a termine nei laboratori di Via degli Alfani e di Viale Strozzi.

Buona lettura a tutti!!

[aggiornamento del 15/02: in seguito alla segnalazione del Webmaster del nuovo sito dell'OPD ho trovato 2 minuti (di orologio!!) per compilare il questionario accessibile dalla homepage. Vi invito a fare altrettanto, perchè, non mi stancherò mai di dirlo, l'interazione tra chi posta, come me, o chi crea un sito, il webmaster di cui sopra e i fruitori/lettori è PREZIOSISSIMA!!]

domenica 10 febbraio 2008

Raggi T per svelare i segreti dei dipinti

Credevo che, dopo anni di studi (più o meno) scientifici, lo spettro della radiazione elettromagnetica non nascondesse più alcun segreto per me... ebbene, mi sbagliavo. Infatti, a cavallo fra il range dell'infrarosso e quello delle microonde ho appena scoperto che si trovano i raggi T, parenti poco noti dei più celebri X o gamma, che prendono il nome dal campo di frequenze che occupano: quello dei TeraHertz (10^12 Hz).

Fino ad oggi, lo studio e le applicazioni di questo tipo di radiazione erano relegati a campi super-specializzati della scienza e della tecnologia, come, ad esempio, l'astronautica. Ditte come la Picometrix producono da tempo strumentazioni per l'imaging dei raggi T utilizzate nel controllo dello stato di salute dei delicati componenti dello Space Shuttle.
Recentemente, però, un team di ricercatori dell'Università del Michigan, in collaborazione con l'equipe scientifica del Museo del Louvre e della stessa Picometrix, ha pensato di utilizzare l'imaging a raggi T per lo studio dei dipinti, soprattutto quelli murali.


I raggi T hanno una natura quasi-ottica, nel senso che si comportano quasi come la "luce". Per questa loro natura sono difficilmente gestibili, ma, disponendo della strumentazione adatta, divengono particolarmente interessanti.

L'apparato utilizzato per le indagini sui dipinti è un ibrido fra un laser ed un congegno elettronico; infatti, utilizza gli impulsi di un laser ultra-veloce per eccitare un'antenna a semiconduttore, che, a sua volta, emette radiazione nel campo dei TeraHertz. I raggi T così prodotti sono in grado di attraversare materiali solidi (nel nostro caso, per lo più, strati di intonaco) per alcuni mm, ma una parte di essi viene riflessa quando incontra una discontinuità nel materiale attraversato. Dato che l'energia con cui la radiazione T torna indietro dipende dalla natura del materiale che ha causato la riflessione, rivelando opportunamente i raggi T retrodiffusi, si riesce a risalire ad un'immagine degli strati sottostanti di un dipinto ottenendo informazioni sui materiali che li compongono.


In sostanza, si tratta di una tecnica totalmente non invasiva, che potremmo collocare a metà strada fra una riflettografia IR ed una radiografia X. Rispetto alla tradizionale riflettografia IR, però, l'imaging a raggi T offre la possibilità di sondare spessori maggiori con risoluzione migliore e di "vedere" i disegni tracciati a grafite o a sanguigna (*), mentre rispetto ai raggi X, i raggi T presentano l'indubbio vantaggio di essere meno dannosi per i materiali e, soprattutto, per l'uomo, in quanto, ovviamente, si tratta di radiazione non ionizzante.

(*) [Almeno così dicono i ricercatori dell'Università del Michigan... ma su questo vi esorto a dire la vostra! Dal canto mio, non ricordo se la riflettografia IR sia capace o meno di rivelare un disegno preparatorio realizzato con grafite o sanguigna...]

I primi test applicativi riportati dal team di ricerca sono stati convincenti; il prossimo passo sarà lo studio di un dipinto francese del XII secolo, ricoperto da almeno cinque strati di intonaco.
Ma, ovviamente, già si fantastica sui risultati che l'imaging a raggi T potrebbe dare nella ricerca della celeberrima "Battaglia di Anghiari" di Leonardo da Vinci, che si suppone si trovi ancora al di sotto degli affreschi del Vasari nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze.


(Fra l'altro, sulla questione "Battaglia di Anghiari", il nostro Giacomo ci ha promesso un post oramai da tempo immemorabile...chissà che, cavalcando l'entusiasmo per i raggi T, non si decida a pubblicarlo!)

Fonti:

http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Radiazione_a_terahertz_per_studiare_le_opere_d_arte/1323025

http://www.ns.umich.edu/htdocs/releases/story.php?id=6300

mercoledì 6 febbraio 2008

Si ribatte a colpi di laser...

Post piccolo piccolo solo per segnalare un commento particolarmente interessante che ci è stato lasciato su un post più vecchio:

http://arte-scienza.blogspot.com/2007/11/quando-il-laser-puliscea-fondo.html

Forse alcuni di voi ricorderanno che alcuni mesi fa avevo preso in considerazione dei test di pulitura effettuati con un laser subacqueo prodotto dalla ditta El.En. Bene, qualcuno della suddetta ditta ha trovato il tempo di rispondere punto a punto ad alcuni dubbi che avevo sollevato nel post, citando articoli di riferimento ed aggiungendo altre interessanti informazioni (oltre, ovviamente, al loro punto di vista sulla questione).

La cosa ci ha fatto davvero molto piacere perché, oltre a confermare che questo blog sta ricevendo una discreta attenzione, è proprio quello che cerchiamo di ottenere con i nostri post: un proficuo scambio di informazioni!

Quindi, continuate a seguirci, leggete e, soprattutto, commentate!

sabato 2 febbraio 2008

Reliquia o tela di lino medioevale?

Basta una dichiarazione vaga di un documentarista, già noto per il suo interesse per la Sindone, e sul sudario di Gesù si riaccendono le luci della ribalta; è dalla fine dell'Ottocento che, ad intervalli regolari, si susseguono tesi sull'autenticità della tela di lino, supportate ogni volta da nuove prove, in un crescendo di informazioni ricavate attraverso l'uso delle più disparate tecniche di indagine. E la Sindone sembra essere fra i "reperti dell'antichità" più studiati dalla comunità scientifica.

Ma veniamo al dunque: di cosa si tratta? La Sindone è un telo di lino, a doppio strato, di dimensioni notevoli (442x113 cm), dal colore giallo ocra. La sua storia documentata (che è ben diversa da quella ipotetica che copre il periodo tra l'impiego come sudario di Cristo e la dichiarazione di Goffredo di Charny di esserne in possesso; a questo riguardo è interessante consultare la pagine di Wiki sulla storia della Sindone) è indubbiamente travagliata: vendite, spostamenti ma soprattutto due incendi, il primo nel 1532 ed il secondo nel 1997, dai quali scampa senza gravi conseguenze. In particolare su di essa sono visibili i segni delle bruciature risalenti al primo dei due incendi, oltre ad alcuni rattoppi che un restauro del 2002 ha rimosso. In quella occasione è stata portata a termine la sostituzione della rintelatura operata nel 1534 dalle suore di Chambéry; altri degli interventi, come ad esempio la stiratura e la pulitura del lenzuolo con un aspiratore (sic!!!) sono stati molto criticati da alcuni esperti del settore. Interessante leggere vari commenti al restauro, pro e contro, raccolti in questo sito.

Senza dubbio l'indagine scientifica, fra le tante effettuate, più interessante e discussa è stata la datazione con radiocarbonio, portata a termine nel 1988; già a partire dagli anni '60 si era parlato della possibilità di stabilire scientificamente l'età della Sindone, ma alla teoria non era seguita alcuna misura pratica a causa della grande quantità di campione richiesto per effettuare tale determinazione (ca 500 mg). Con la messa a punto, alla fine degli anni '70, di strumenti molto sensibili a piccole quantità di campione, in particolare a spettrometri di massa di nuova generazione (migliori degli obsoleti contatori proporzionali) si ritornò a parlare della possibità di effettuare queste misure, cui fece seguito, non prima di alcuni anni di dibattito per la messa a punto di un protocollo di intervento, il prelievo di alcune porzioni dal sudario di Cristo.

Il protocollo stabilito prevedeva che, ai tre laboratori scelti per effettuare le misure, fossero contemporaneamente anche assegnati altri 3 campioni di controllo, e che ciascuno di essi fosse identificato da un codice numerico, la cui corrispondenza era nota solo a due persone, Michael Tite, responsabile per il British Museum (a cui spettava la coordinazione della campagna di misure) e il cardinale Ballestrero. Il protocollo, quindi, era stato studiato in maniera tale che le indagini fossero effetuate al buio, senza possibilità di manipolare i dati, non sapendo quale fosse dei quattro a disposizione il campione prelevato dalla Sindone. Oxford, Tucson e Zurigo: queste erano le tre università prescelte; ciascuna di esse disponeva di circa 28 mg di campione di lino della Sindone. Ci vollero pochi mesi e, il 13 Ottobre 1988, il cardinal Ballestrero dichiarò che la Sindone, secondo gli studi scientifici, era databile tra gli anni 1260 e 1390, con un intervallo di confidenza del 95%. Nell'articolo pubblicato su Nature da coloro che avevano portato a termine le misure si leggono i seguenti risultati:

1. Oxford: 750±30 anni BP;
2. Tucson: 646±31 anni BP;
3. Zurigo: 676±24 anni BP.

Dai valori in "BP" si passa, dopo numerose calibrazioni, alla data espressa in anni trascorsi dalla morte di Cristo; la media pesata dei tre dati ha permesso di ottenere proprio quell'intervallo dichiarato in conferenza stampa dal Cardinale Ballestrero.

Il risultato fu da molti criticato, dividendo ancora di più coloro che ritenengono la Sindone un falso medioevale e coloro che reputano che si tratti effettivamente del sudario di Cristo; in particolar modo è molto forte il partito di quanti ritengono che l'incendio del 1532 e le condizioni di conservazione del lino stesso nei secoli, abbiano potuto alterare il contenuto di Carbonio 14 e quindi determinare un errore grossolano nelle misure. Sono stati portati a termine moltissimi studi per dimostrare l'arricchimento in C14 sulla tela di lino, ma ancora niente di significativo è stato pubblicato. A parte questi studi, la questione pareva, in qualche modo, risolta o almeno sopita. Ciò fino alle dichiarazioni di David Rolfe, documentarista inglese, che sta preparando un filmato sulla Sindone, che andrà in onda la notte del Sabato Santo sulla BBC.

In occasione del ventennale della datazione, pare che il giornalista sia riuscito a convincere il direttore dell'Oxford RadioCarbon Accelerator, Christopher Bronk Ramsey, a ripetere il test; alla notizia sono seguite tante dichiarazioni da tutta la comunità scientifica (e non) che ruota intorno alla Sindone (per esempio esiste un comitato composto da membri laici e religiosi che si occupa della ricerca scientifica sulla Sindone, chiamato STURP). Alcune di esse sono state più caute ed altre meno, denotando, ancora una volta, quanto sia sentita la questione dell'autenticità del sudario di Cristo. In particolare, ha mosso gli animi una dichiarazione, seccamente smentita, del professore Ramsey, che avrebbe detto che il risultato del test effettuato nel 1988 ad Oxford sarebbe stato sbagliato.

Insomma, poco ci vuole per ravvivare il focolare dell'eterna diatriba tra scienza e fede, e, pare evidente in questa occasione più che mai, che tra i due litiganti (eterni litiganti) è il terzo a godere: nella fattispecie il signor David Rolfe, il cui documentario farà, molto probabilmente, ascolti da record. E, ancora più probabilmente, verrà acquistato dalle televisioni di tutto il mondo.

A chiosa di questo post voglio indicarvi alcuni siti particolarmente interessanti in cui mi sono imbattuta durante le ricerche:

La tecnica del radicarbonio, per filo e per segno, spiegata da chi ne ha fatto un'arte, ovvero l'istutito di Oxford di cui sopra: http://c14.arch.ox.ac.uk/embed.php?File=dating.html

Un articolo sulla dendrocronologia, fondamentale per la calibrazione dei dati ottenibili con il radiocarbonio: http://www.arts.cornell.edu/dendro/ajatext.html

Brevi nozioni sulle tecniche di datazione, relative o assolute; non scioglie tutti i dubbi ma sicuramente offre una buona panoramica:
http://www.mnsu.edu/emuseum/ archaeology/dating/

Un articolo di Antonio Lombatti, membro del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale) in cui si fa il punto delle ricerche relative alla Sindone, in particolare relativamente al caso Kouznetsov. Vi avverto che Lombatti è tutt'altro che diplomatico, a differenza di me!
http://www.cicap.org/piemonte/cicap.php? section=indagini_in&content=sind_lombatti

[aggiornamento del 15/02: in seguito alla segnalazione di un attento lettore del blog, inserisco fra il link anche il sito del Centro Internazionale di Sindologia, istituzione costituita dalla confraternita del SS. Sudario, la stessa che, sotto la guida dell'Arcidiocesi di Torino, si occupa del Museo della Sindone. La sezione "Bibliografia" del sito raccoglie un'enorme mole di pubblicazioni al riguardo, mentre nella sezione "Documenti e studi" sono disponibili per il download alcune testimonianze dei nuovi allestimenti della Sindone.]

giovedì 31 gennaio 2008

Latitanza parte seconda...

Brevissimo post per scusarci con i lettori del blog della latitanza che ormai prosegue da qualche settimana (nel caso di Michele) e da più o meno sempre (nel caso mio e di Giacomo)... Abbiamo iniziato il dottorato e ci siamo un po' persi negli impegni di un lavoro a tempo pieno, dopo un mesetto e più di vacanza in seguito all'esame. Dobbiamo riuscire a trovare il ritmo e poi torneremo operativi anche sul blog come lo siamo stati finora (quindi, in particolare, Giacomo continuerà nel suo "sciopero del post", ma puntiamo tutto sulla "tastiera-facile" di Michele!!).

Stay tuned, abbiate fede!

Giovanna

PS: prometto un post entro il prossimo week-end! Tutti voi, cortesi lettori, siete garanti di questa promessa!

domenica 13 gennaio 2008

L'Antica Via Flaminia vive la sua "Second Life"...

Ci troviamo in un periodo in cui avatar, escursioni virtuali e "second lives" vanno alla grande. Praticamente non esiste aspetto della vita reale che non sia in qualche modo stato tradotto nella sua versione virtuale. E infatti non c'è stato bisogno di aspettare molto perché tutto ciò entrasse a far parte anche del mondo dei beni culturali.

Adesso, per i visitatori delle terme di Diocleziano a Roma, sarà possibile fare un vero e proprio viaggio nel passato grazie al museo virtuale di recente inaugurazione. Chi fosse interessato a questa interessante iniziativa, potrà guidare il proprio avatar attraverso siti archeologici ricostruiti nei minimi particolari e -qui arriva il bello- attraverso ricostruzioni tridimensionali degli ambienti, popolate dai personaggi dell'epoca (Augusto, la moglie Livia ed altri figuranti...)! Le postazioni che permettono di pilotare un avatar sono solo quattro, ma il resto del pubblico può assistere al tuffo nel passato grazie ad un maxischermo sul quale, grazie ad un paio di occhiali 3D, potrà seguire le esplorazioni virtuali dei visitatori "più intraprendenti".

L'installazione renderà possibile una visita virtuale a diversi siti di importanza storica dislocati lungo l'Antica Via Flaminia, che collegava Roma a Rimini: la Villa di Livia, in zona Prima Porta, il Ponte Milvio, Grottarossa e Malborghetto.




[Consiglio vivamente una visita al sito del Museo Virtuale perché è molto ben fatto e ricco di demo e informazioni]

Il team che ha creato il museo virtuale ha lavorato al progetto per oltre due anni sotto la direzione di Maurizio Forte dell'Istituto di Tecnologie Applicate ai Beni Culturali del CNR (ITABC-CNR), sezione Virtual Heritage Lab. Il risultato è stato raggiunto grazie alla cooperazione (certamente non banale!) di archeologi, architetti, storici dell'arte, paleobiologi ed informatici. Questi hanno utilizzato una vasta gamma di tecnologie per il rilievo, come scanner laser, fotogrammetria, GPS, oltre a potenti tecniche di elaborazione digitale e modellazione 3D, con cui è stato possibile realizzare una vera e propria anastilosi virtuale, che ha portato ad una ricostruzione degli ambienti il più possibile rispettosa delle fonti storiche.

A questo proposito, inoltre, l'ITABC ha recentemente firmato il "London Charter", un documento europeo che suggerisce alcune linee guida affinché i prodotti virtuali rispondano a criteri di scientificità e trasparenza delle fonti documentarie.

Come c'era da aspettarsi, il progetto non rimarrà confinato a lungo all'interno delle terme di Diocleziano; presto su Second Life verrà aperto un sito interamente dedicato a questa iniziativa. Così che non si possa dire che gli avatar non amano la cultura.

Fonte:

http://www.galileonet.it/news/9301/un-salto-nel-tempo

martedì 1 gennaio 2008

Le grotte di Lascaux chiuse...per funghi...

Spesso la fruizione e la conservazione dei beni culturali non vanno d'accordo. Soprattutto quando i beni culturali in questione sono vecchi di 18000 anni, come nel caso delle pitture rupestri che si trovano sulle pareti delle grotte di Lascaux, in Dordogna.


Scoperte nel 1940, le grotte vennero, in breve, aperte al pubblico, ma già nel 1955 i segni di un deterioramento erano evidenti. Infatti l'enorme eccesso di anidride carbonica prodotto dalla respirazione delle migliaia di visitatori iniziava a creare problemi non da poco. Il gas si discioglieva nell'acqua condensata sulle pareti della grotta, ne abbassava il pH, e la rendeva estremamente aggressiva nei confronti della roccia calcarea. L'effetto finale era quello di una corrosione delle pareti, che minacciava seriamente le pitture.
Inoltre, i cambiamenti nel microclima delle grotte portarono alla proliferazione di funghi e alghe sulle pareti calcaree. Nel 1963 Le grotte vennero chiuse ai visitatori.

Il pericolo era, per il momento, scongiurato, ma l'unica soluzione per garantire al pubblico la possibilità di ammirare le pitture fu quella di creare una Lascaux II, una copia a grandezza naturale del sito archeologico, che aprì nel 1983.


Le pitture originali vennero così lasciate "riposare in pace" per anni in un ambiente controllato, aerato artificialmente e costantemente monitorato da un'equipe di studiosi del Laboratoire de Recherche des Monuments Historiques. Solo agli "addetti ai lavori" era concessa la visione delle pitture originali.

Ma questo non bastò ad impedire un nuovo allarme. Infatti, nel giugno 2001, durante una revisione all'impianto di aerazione, gli stivali infangati di un operaio funsero da vettore per la proliferazione di un microrganismo, che mise nuovamente in pericolo le pitture paleolitiche. Il fungo, appartenente alla famiglia Fusarum, ben nota in agricoltura, iniziò a proliferare sulle pareti e sul pavimento della grotta, costituendo un enorme fattore di rischio per la conservazione delle pitture. La prima contromisura adottata fu un fungicida, una sostanza chimica che, però, veniva facilmente degradata da un Pseudomonas Fluorescens, un batterio simbionte del fungo. Si passò allora all'utilizzo di un antibiotico, la polimixina, e questa volta l'attacco biologico fu debellato. Si osservò poi che il fungo non aveva arrecato danni sensibili alle pitture rupestri.

A pochi anni di distanza, però, proprio in questi giorni, il problema è tornato a presentarsi, con un'ondata di preoccupazione per la sorte di quella che viene definita la "Cappella Sistina del paleolitico". I funghi hanno cominciato a proliferare nuovamente sotto forma di concrescenze biancastre che invadono le pareti delle grotte. La reazione del governo stavolta è stata lapidaria: chiusura totale delle grotte, che non saranno accessibili neanche agli studiosi. Fino all'8 gennaio gli unici ad avere accesso al sito archeologico saranno degli esperti che immetteranno nell'ambiente un fungicida e, contemporaneamente, provvederanno a sostituire l'impianto di aerazione, evidentemente insufficiente a garantire la sicurezza delle pitture.

[si legga l'articolo di Repubblica sulla questione.]

Insomma, per l'ennesima volta ci si trova di fronte al dilemma: conservare senza fruire dell'originale o fruirne finchè dura? "The answer, my friend, is blowing in the wind, the answer is blowing in the wind." potremmo dire, per citare il poeta. Ma rimane il fatto che per adesso, e probabilmente per molti anni ancora, vi dovrete accontentare di Lascaux II. Sempre che non riusciate a smettere di respirare, traspirare, produrre calore e portare con voi miriadi di microrganismi che aggrediscono il calcare.


Links per approfondire:

Sito ufficiale delle grotte di Lascaux, molto interessante e ben fatto.

Articoli che parlano dell'attacco fungino del 2001:

http://newton.corriere.it/PrimoPiano/News/2003/04_Aprile/07/Lascaux.shtml
http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Un_fungo_attacca_i_disegni_di_Lascaux/1287795
Articolo che parla dell'attacco fungino in corso:

http://www.archeomedia.net/articolo.asp?strart=3847&cat=Beni%20da%20salvare